MOSTRAMI UNA MOSTRA

Di Prata: quando nel Dna c’è l’arte!lb!
!lb!La mostra a Brescia!lb! !lb!
Antonio, Oscar, Olves: un cugino e due fratelli, tutti artisti, tutti a cavallo del ‘900, con la stessa identica passione, con un talento che è caratteristica di questa famiglia.

Differenti nel carattere però: Olves l’anarchico anticonformista, Oscar invece il conteso dalla Curia e dai salotti, Antonio che insegnava pittura agli operai della Falck di Vobarno (che si erano autotassati per poter seguire le lezioni!).

Un ‘900 espresso nelle sue varie e contrapposte sfaccettature, nelle sue contraddizioni, con i suoi valori e le sue pecche.

La mostra ‘Antonio, Olves, Oscar: il Novecento dei Di Prata’, curata da Fausto Lorenzi e allestita all’AAB in Vicolo delle Stelle 4, (facente parte della serie ‘Curricula’), si è potuta realizzare grazie al contributo della famiglia Di Prata che ha gentilmente concesso l’esposizione di una piccola parte della loro immensa collezione.

Un’occasione appetitosa per vedere un Novecento in arte dagli aspetti emozionanti ed emozionali, ed è interessante studiare come i tre abbiano, malgrado la loro vicinanza anagrafica, differentemente interpretato questo secolo.

Antonio (1907-1952), con i paesaggi, il mercato e i ritratti dalle pennellature tanto originali quanto profonde nell’identificare il carattere dei suoi modelli, dai quali traspare l’umano interiore di ciascuno; Olves (1912-1999), con le sculture in marmo, bronzo o terracotta, quasi incomplete, quasi parlanti; Oscar (1910-2006), il moralizzatore, dai tratti futuristi, dai colori laccati, buttati a pennello o a dito, così per interpretare la sua sofferenza esistenziale.

Di origini friulane, nati e cresciuti a Brescia, colpiti dalla guerra e peregrini per necessità, hanno inevitabilmente trasferito ed espresso in arte le inquietudini, le privazioni e le sofferenze subite.

Un linguaggio contaminato da post-cubismo, espressionismo, astrattismo lirico e informale, per creare un altrove, un approdo possibile, che diventerà la chimera di tutta la loro vita.

La forza tragica di un vissuto artistico sofferente la vediamo soprattutto in Olves, bohémien, clandestino in Francia, viveva di espedienti, alla giornata, respirando i fermenti di un momento molto particolare storico e politico, attraverso le sue sculture informi e pulsanti, un urlo silente che colpisce l’osservatore.

Mi soffermo su ‘Moglie sospettosa’ di Antonio Di Prata, un ritratto che lascia vedere oltre l’immagine, un carattere, riesco a capire l’ansia della donna, il suo cruccio e mi affascina più d’ogni altro dell’autore. Di Olves Di Prata scelgo una scultura ‘Solidarietà tra creature’ e non solo per il tema a me caro dell’indifferenza, ma per la resa dei corpi uno sull’altro, avvinti, abbracciati, complici di un fine: donne, uomini e animali. Oscar Di Prata mi conquista con ‘Veduta urbana’, dove il grigiore ingrigito e sporco di una città, forse all’alba di un giorno senza sole, lascia trasparire una speranza possibile, là su quei tetti rossastri appena accennati, oltre il grigio cielo e le case.

Su gentile concessione di Enrica Recalcati