Antologia critica

1961

GIUSEPPE TONNA

In francese

Le charme de la peinture de Oscar Di Prata naît d’un choc entre deux différentes forces composant son monde spirituel. Du côte de ses ancêtres vénitiens lui viennent une cordialité expansive et un goût fin et aristocratique pour les belles formes qui peuplent la terre ensoleilée. Mais cette suggestion d’une beauté antique, d’un ordre dans le monde, d’une vraie solidité dans les aspects des choses n’a jamais été fixée avec certitude sur ses tableaux, même dans les années les plus heureusement fidèles à une facile improvisation figurée. Même à ce moment-là, la douceur était voilée de mélancolie, et sa joie et son goût immédiat de la vie étaient obscurcis de légers nuages, comme dans un abandon triste.

1974

RAFFAELE DE GRADA

Monografia, edizioni Il Globo, Bologna

Oscar Di Prata vive in un largo studio-abitazione sulla collina della sua Brescia, dove è nato nel 1910, e dalle finestre del suo atelier capisco come Brescia debba essere vista dall’alto per coglierne la vera presenza, una bellezza inimmaginabile per chi Brescia la conosca soltanto dal piano, dall’interno di questa ormai seconda metropoli della Lombardia. A Brescia Di Prata ha fatto gli studi, alle elementari e poi in una scuola d’arte, sui colli bresciani ha fatto le prime scappate per riprendere la natura “all’aria aperta”, con un abile pittore bresciano ha fatto le prime prove d’affresco. Questa dell’affresco era un’esperienza abbastanza insolita alla sua generazione e più ancora a quelle che seguirono. Si deve a questi suoi divertimenti adolescenti, poichè Di Prata non sentì lo studio dell’affresco con la stessa noia degli altri studi scolastici, se fino a oggi egli è uno degli specialisti in questa tecnica in cui si sbriglia, come nell’antico, la composizione di fantasia.

1983

ELVIRA CASSA SALVI

Giornale di Brescia, 15 maggio

Di Prata, artista dalla coscienza nobile e umanissima, è ferito ad ogni passo dalla brutalità delle cose, del mondo in cui viviamo; e protesta e testimonia con i mezzi che sono suoi contro questa offesa immeritata. Sta qui il nocciolo morale del suo linguaggio pittorico, che nei momenti migliori oscilla, all’interno di quella sua bella maniera classicheggiante, tra l’accentuazione barocca, con il suo intimo intreccio di delizia e tortura, e l’accentuazione metafisica, declamatoria nel senso migliore, di alta eloquenza e di degno teatro.

1991

FAUSTO LORENZI

Giornale di Brescia, estate

Oscar Di Prata ha scelto tutte opere legate al tema della memoria, le più visionarie nella sua produzione, popolate come sono di cumuli di reperti e macerie del tempo: il tempo vissuto dall’artista nella sua vicenda personale, con i suoi fantasmi e ossessioni, ed il tempo della storia umana, allegorizzato, come in cifre araldiche, nei “segni” delle grandi civiltà artistiche (l’età classica, il manierismo, il barocco, il rococò … ) che gli passano davanti come variazioni di un canto perenne.

1992

ATTILIO MAZZA

Di Prata, Quarant’anni dopo, agosto

Il 1952 fu, in qualche modo, un anno cruciale per Oscar Di Prata: la presenza alla Quadriennale; soprattutto la partecipazione – e segnalazione – alla prima dirompente edizione del Premio Brescia che vincerà l’anno successivo. Da un lustro aveva lasciato alle spalle la drammatica esperienza bellica in Africa settentrionale e la prigionia in India. Era tornato all’arte con il bagaglio di esperienze umane e con la voglia di una pittura nuova, allineandosi subito in città con gli astrattisti, lui diplomato all’Istituto d’Arte di Venezia nel ’28, cresciuto nella lezione novecentista, nel versante di quel realismo magico da poco riscoperto.

1993

MAURO CORRADINI

Arte Bresciana, Bresciaoggi

… Operatore infaticabile, ha riempito intere sale e lunghi itinerari di pittura, sia attraverso l’affresco, sia attraverso le tele: noi lo ricordiamo sempre al lavoro, sempre in attività, e non c’è amico che non conosca la grande mole di opere che, alla bella età di 83 anni, continua instancabilmente a produrre: e questo è l’aspetto più evidente di quella “brescianità” che si identifica con il lavoro e con la voglia di produrre.